


La scoperta
Nel 1973 si stava costruendo la superstrada Siena-Perugia. La piccola località di Farneta, vicina al tracciato autostradale, ospitava numerose cave per l'estrazione di sabbie, necessarie alla realizzazione dell'opera. In una di queste, nel mese di marzo, vennero alla luce numerosi resti fossili, tra cui proprio lo scheletro di Linda oggi esposto al Museo di Geologia e Paleontologia di Firenze.
Le carcasse di Linda e di altri animali che condividevano l'habitat con lei furono trasportate da un fiume e accumulate in un'ansa sabbiosa. Per questo, al momento del rinvenimento, Linda presentava la colonna vertebrale in connessione anatomica ma mancava di alcune parti, come, ad esempio, la zanna destra e alcune ossa degli arti.
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Lo scavo
Il parroco dell'Abbazia di Farneta, Don Sante Felici, era un naturalista e appassionato paleontofilo. Fu lui il fautore della scoperta del grande scheletro di Mammuthus meridionalis nella cava di sabbia. Prontamente, Don Sante contattò il professor Augusto Azzaroli dell'Università di Firenze e organizzarono una campagna di scavo che coinvolse sia il personale dell'università che gli abitanti del luogo. Presto ci si rese conto che il sito rappresentava una preziosa finestra sul Pleistocene toscano.

Clicca sugli animali!
Come vivevano Linda e gli altri animali 1.6 milioni di anni fa? Antenati di iene, pantere, asini, zebre, cervi, rinoceronti, e giganteschi elefanti popolavano il nostro territorio che, dopo un periodo caldo e umido, stava gradualmente raffreddandosi e inaridendosi a causa dell'espansione delle calotte glaciali.
Il Paleoambiente
Tra 1.4 e 1.6 milioni di anni fa l'ambiente di Farneta era costituito da una pianura fluviale, anche se mancano dati per una ricostruzione più precisa. Il paleoambiente è stato ricostruito includendo sia flora che oggi si trova Italia (es. Quercus) che flora che oggi si trova in altre aree geografiche ma che era presente nel bioma nel Pleistocene Inferiore (es. Zelkova)

Glaciale e interglaciale
Il Pleistocene fu caratterizzato dall'alternarsi di periodi glaciali e interglaciali che influivano sulla variazione del livello del mare e sugli ecosistemi. Durante i periodi glaciali freddi le foreste venivano spesso sostituite da steppe aride mentre nei periodi interglaciali caldi il clima più umido favoriva lo sviluppo di foreste.

Il polline fossile
Il polline fossile fornisce dati sulle specie vegetali, sulla loro abbondanza, e di conseguenza sul clima del passato. Il polline è contenuto nei sedimenti assieme ai resti animali. I dati pollinici di località vicine a Farneta hanno permesso di ricostruire uno scenario di vita ipotetico per Linda e le altre specie animali: un ambiente di interglaciale ma con già le prime tracce di inaridimento.
L'unità faunistica Farneta
Una particolare associazione di animali, definita in un periodo di tempo limitato, viene definita unità faunistica. Un'unità faunistica è quindi il risultato dell'adattamento ai cambiamenti climatici e ambientali che caratterizzano uno specifico intervallo temporale. Se i paleontologi trovassero ad esempio gli stessi animali in un luogo anche lontano potrebbero far risalire quel nuovo sito all'unità faunistica Farneta e al periodo a cui risale.

I coproliti
I coproliti sono escrementi fossilizzati. Nel sito sono presenti coproliti attribuiti alla iena gigante Pachycrocuta brevirostris a testimonianza della presenza di questo grande predatore nell'area. Pachycrocuta era in grado di frantumare e ingerire anche le ossa, e l'alto contenuto di Calcio negli escrementi ne ha facilitato la fossilizzazione (come coproliti).

Il progetto.
Il progetto "Linda." nasce grazie al finanziamento del PNRR CN5 Spoke 7, finalizzato alla divulgazione della biodiversità. Attraverso la digitalizzazione 3D dei reperti in più musei, il progetto mira a produrre una collezione virtuale accessibile dai visitatori durante la visita dei musei della rete, e a creare e testare una nuova opportunità per divulgare la biodiversità nel tempo profondo.
Matteo Belvedere
Professore associato di Paleontologia all’Università di Firenze, specializzato in icnologia dei vertebrati, in particolare dinosauri. Esperto in tecniche di digitalizzazione 3D, ha contribuito allo sviluppo di protocolli standard per la fotogrammetria applicata ai reperti paleontologici. Ha lavorato in istituzioni internazionali e collaborato allo sviluppo del software DigTrace.
Silvia Danise
Professoressa associata in Paleontologia e Paleoecologia, si occupa di paleoecologia marina ed estinzioni di massa. Dopo un dottorato a Firenze e periodi di ricerca nel Regno Unito e negli USA, è rientrata in Italia grazie al programma “Rita Levi Montalcini”. Ha ricevuto il prestigioso Hodson Award nel 2019.
Isacco Alberti
Insegnante e paleoartista,
si è laureato in arti visive nel 2018 con una tesi sull’anatomia di
Ouranosaurus nigeriensis al Museo di Storia Naturale di Venezia, da allora il suo obiettivo è usare le immagini per portare la paleontologia al grande pubblico.
Ha realizzato il design e le illustrazioni della piattaforma.
Francesca Borchi
Dottoranda in Paleontologia presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze. Si occupa della valorizzazione delle collezioni fossili museali tramite tecniche di paleontologia virtuale e nuovi approcci didattici. Dal 2019 è parte degli operatori museali del Museo di Geologia e Paleontologia di Firenze.

Alessio Leone
Dopo la laurea in Scienze Geologiche presso l’Università degli studi di Camerino con una tesi riguardante una popolazione di Ursus spelaeus, è attualmente studente magistrale presso l’Università di Firenze. Ha contribuito alla stesura dei testi e alla realizzazione dei modelli 3D presenti sulla piattaforma.